L’alternativa credibile

Una forza liberale per archiviare l’inconcludenza

di Saverio Collura

In uno studio pubblicato pochi mesi fa, Markus Brucknr ed Aus P. Grune hanno sviluppato una ricerca su un possibile collegamento, nei Paesi democratici, tra dinamica del Prodotto Interno Lordo (PIL) ed evoluzione del trend elettorale. Hanno riscontrato che alla contrazione di un punto percentuale della crescita economica si associa un incremento dell’1 per cento nei risultati elettorali dei Partiti estremisti. Il Prof. Kevin O’Rourke, professore di economia al Trinity College di Dublino, scriveva recentemente: "La nostra Grande Recessione ha rafforzato i partiti estremisti come quello di Wilders, ora al 15,5%, o il Sobbik in Ungheria, attestato al 16,7%".

In sostanza, entrambe le riflessioni prima richiamate indicano una correlazione tra crisi economica e riflessi elettorali. Ma già Ugo La Malfa, alla fine degli anni Settanta, a chi gli chiedeva se la crisi economica e finanziaria che attraversava l’Italia avesse raggiunto il fondo e se conseguentemente si potesse pensare ad una risalita, rispondeva che non c’era mai un punto finale, perché quando essa (la crisi economica e finanziaria) avesse toccato il punto limite più basso, allora si sarebbe trasformata da fenomeno economico in scompenso istituzionale, con effetti negativi sul sistema democratico di un Paese.

Su tutto ciò riflettevo nei giorni scorsi leggendo l’ultimo documento previsionale del Centro Studi di Confindustria, dal quale si evince chiaramente che, sulla base dei dati preconsuntivi del 2010 e di quelli ragionevolmente ipotizzabili per il 2011, il ripristino dei valori macroeconomici e produttivi, registrati prima della crisi, potrà essere conseguito, se verranno confermate le previsioni, non prima del 2013. Solo in tale anno il PIL nazionale raggiungerà il livello toccato nel 2007, mentre il debito pubblico totale, che già quest’anno dovrebbe attestarsi intorno al 119% del PIL, dovrebbe mantenersi a lungo su un valore più alto rispetto a quello del 2007.

Se puntiamo l’attenzione sulle prospettive a breve (2010-2011) del Sistema Italia, riscontriamo due dati estremamente preoccupanti: la ripresa, dopo la buona performance del primo semestre 2010, sta perdendo slancio, con la previsione di un valore negativo per il terzo trimestre dell’anno, conseguente, come documentato dal Centro Studi di Confindustria, alla forte caduta della produzione ("la più profonda degli ultimi 80 anni"); la disoccupazione prosegue il suo trend drammaticamente negativo, con un -1,8% indicato per l’anno in corso, portando il tasso di disoccupazione all’8,6% (al netto di oltre 600 mila unità lavorative in cassa integrazione a zero ore). A tutto ciò è da aggiungere un incremento dell’inflazione nel 2010 (dallo 0,8 all’1,5); infine il reddito pro capite registrerà un significativo arretramento, attestandosi ai valori che aveva raggiunto nel 1998, riducendo il livello di benessere dei cittadini italiani di quasi 15 punti al di sotto del valore del 2007.

Da ciò le ipotesi preoccupanti formulate per il 2011, con un deficit di bilancio pari al 4,1% del PIL, crescita del PIL pari a +1,3%, consumi delle famiglie +0,7%, occupazione totale -0,4%, tasso di disoccupazione 9,1%, inflazione +1,9%; l’inflazione, pertanto, continuerà ancora a crescere più del PIL. In sostanza l’Italia cresce meno di Francia, Germania e Inghilterra, quindi il prossimo anno si presenta denso di problemi e di criticità preoccupanti, che possono provocare tensioni e reazioni negative nel tessuto sociale del Paese.

Nonostante ciò il quadro politico appare sempre più sconsolante: la maggioranza di governo, divisa ed in continua contrapposizione, sembra avere smarrito il senso della propria funzione istituzionale, l’opposizione, parcellizzata ed eterogenea, sembra incapace di elaborare un progetto di governo alternativo ed adeguato alla crisi strutturale del Paese.

C’è da chiedersi a questo punto se sia in atto quella crisi istituzionale che tanto temeva Ugo La Malfa come conseguenza della crisi economica ed industriale.

Può un piccolo partito come il PRI, forte della sua cultura politica, della sua capacità di analisi, del suo profondo legame con la Repubblica e con le istituzioni, della sua storia, rappresentare una possibile risposta alla crisi? Penso di poter fornire una risposta positiva, perché credo che oggi solo una forza veramente riformista, progressista, di chiara ispirazione liberaldemocratica e mazziniana possa rappresentare un’alternativa credibile all’attuale bipolarismo inefficace, inconcludente e litigioso.

Ciò però richiede una forte convinzione ed un totale impegno nel progetto che abbiamo deciso di realizzare attraverso il prossimo congresso a tesi. Ne consegue che bisogna seguire la strada maestra, senza cercare inutili scorciatoie o dar corso ad iniziative che possano, anche involontariamente, offuscare la chiarezza e la portata del progetto politico che vogliamo portare avanti.

Ugo La Malfa ci diceva sempre: quando il PRI ha un progetto strategico ad esso deve finalizzare tutto il suo impegno ed il suo operato, senza farsi fuorviare da possibili iniziative tattiche che possano inquinare o rallentare o, peggio, penalizzare il raggiungimento dell’obiettivo strategico.